Evitare il rischio della natura politica, sociale e culturale delle categorie diagnostiche…

Partendo dalle nostre riflessioni sulla diagnosi e sul contesto possiamo, come gestaltisti, aprirci alle questioni poste dall’etnopsichiatria, possiamo capirle. Perché utilizzano linguaggi che non ci sono poi così estranei e che hanno presupposti non lontani dai nostri. Si fondano, infatti, sulla piena legittimità e parità dell’altro, dell’interlocutore, del paziente; sul riconoscerlo nelle sue competenze e nel suo essere all’interno di dinamiche relazionali e sociali; sull’essere consapevoli di quanto il nostro ruolo contribuisca a determinare il campo terapeutico. […] La questione della diagnosi interseca in pieno tutti i rapporti fra psichiatria, etnopsichiatria, psicoterapia, società. Anche se affrontiamo l’approccio diagnostico con una visione critica, peraltro prevista e inglobata nel sistema sociale, l’autoreferenzialità culturale ci fa, infatti, correre dei rischi. Sappiamo, teoricamente e genericamente, che la psicopatologia è esposta alla visione politica; ma non sempre è facile tenerne conto come sfondo di ogni esperienza terapeutica. Interrogarci su come vedere e curare chi è ‘più diverso’ da noi, ci può aiutare ad ampliare la nostra consapevolezza in questo ambito. Inoltre, etnopsichiatria e antropologia culturale ci dicono che molteplici forme di classificazione si intersecano in altri sistemi di cura. Da questa molteplicità emerge in modo evidente quanto le diagnosi siano ‘invenzioni’ culturali, frutto di negoziazioni fra malato, guaritore e gruppo sociale, più o meno consolidate e codificate o rinnovantesi ad ogni consultazione. Corriamo sempre il rischio di non riuscire a riconoscere la natura politica, sociale e culturale delle nostre categorie diagnostiche, di non vedere quanto queste, a loro volta, favoriscano e definiscano dei modelli di malattia, oltre a costruire l’espressione e la lettura sociale di emozioni, conflitti e malesseri. Se lo psichiatra/psicoterapeuta accetta acriticamente i valori dominanti, se, più o meno inconsapevolmente, vi si identifica, perde una parte delle sue possibilità terapeutiche.


Michela Gecele, Intersezioni. La Terapia della Gestalt incontra l’etnopsichiatria, in GTK 5, Rivista di Psicoterapia, Dicembre 2014, pagg. 41-42


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