James
Matthew Barrie è il settimo di otto figli. Ha un fratello maggiore adorato
dalla madre: David. David è inequivocabilmente il beniamino dei genitori, il
centro delle ambizioni materne. […] Tuttavia, il giorno prima del suo
quattordicesimo compleanno, David rimase ucciso in un incidente di pattinaggio.
Saputa la notizia, la madre si mette a letto e vi rimane per più di un anno. […]
Come sostiene Goodman (Perls, Hefferline, Goodman, 1997) tutto ciò che non è
vissuto e portato a compimento si perpetua. James non è stato bambino né prima
della tragedia (era il fratello David a catalizzare il sorriso e lo sguardo
ammirato della madre) né dopo, quando ha deciso di essere il sostituto del
fratello. Per esserci ha dovuto negarsi. Stare tra braccia della madre sapendo
che ella vorrebbe stringere un altro corpo non permette a un bambino di
lasciarsi andare e di sentire il corpo della madre. È un’esperienza che lascia
tesi e contratti, nella paura di essere se stessi: se si è se stessi, si
tradisce il compito e si perde quella briciola di contatto “per interposta
persona” con la madre e il suo corpo. […] Non si tratta qui di operare nessuna
trasposizione meccanica della biografia di Barrie alla storia di Peter, ma di
notare una specificità ermeneutica. Un libro “piantato” nella relazione
fondativa tra il corpo materno e quello infantile si costruisce, nei suoi nodi essenziali,
a partire dalla vibrazione del copro di chi scrive, della sua storia e della
sua esperienza. Dove si toccano le radici della vita, il corpo soggetto della
scrittura e il corpo del testo si toccano in maniera intima ed emozionante. James
“si dice” in Peter, e mentre si dice ci consegna un dramma ma apre a se stesso forse,
e certamente ai suoi lettori più acuti, una via di salvezza, una strada di
ascolto e di rispetto supremo del corpo bambino.
Giovanni
Salonia, Peter Pan: il bambino non baciato, in Giovanni Salonia (ed.), La vera storia di Peter Pan. Un bacio salva la vita, Cittadella Editrice
- 1° Edizione Dicembre 2015b, pagg. 30-33
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