Non
sapendo come modulare il contatto al confine interpersonale (lasciare il
controllo all’altro o diventare distruttivo per non sentirsi invaso), ora la
soluzione migliore è entrare in contatto ‘dimezzando’ il corpo e ritraendosi da
esperienze in cui è necessaria la capacità di modulare e negoziare i confini.
Il lavoro sulla discriminazione e definizione delle sensazioni corporee
consente di ripristinare le funzioni di confine del Sé, quindi di distinguere
quale vissuto appartiene ‘a me’ e quale ‘all’altro’ e il giusto nome da
attribuirgli. Tale lavoro permette inoltre al paziente di contenere e
assimilare il proprio sentire, sperimentandolo come un’onda con un innalzamento
iniziale, una cresta di intensità, una diminuzione e una fine. Nell’esperienza borderline
infatti le sensazioni e le emozioni sono spesso sovrastanti (per intensità e
continuità), in quanto percepite come uno stato piuttosto che come un
movimento. Quest’ultima osservazione conduce all’importanza di «non incoraggiare
l’espressione di un vissuto senza averne prima compreso
il
nome e l’appartenenza». Il rischio è di esporre la persona a un’amplificazione
emotiva, invece di aiutarla a modularla. Il PBL va ‘placato’, poiché la sua
difficoltà non è ‘sentire’ ma ‘non sapere cosa sente’. La risensibilizzazione
corporea è un’esperienza di riappropriazione e di crescita ma anche di apertura
a vissuti nuovi, spesso dolorosi e trattenuti, e il paziente deve poterli
masticare lentamente.
Andreana Amato, “«…Come se fossi nata ‘dispara’…» Il
modello di Traduzione Gestaltica del Linguaggio
Borderline (GTBL). Attestazioni cliniche”,
in G. Salonia (ed.), La luna è fatta
di formaggio. Terapeuti gestaltisti traducono il linguaggio borderline, Ed.
Il pozzo di Giacobbe, pag. 126
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