Come vedremo, è
proprio questo bisogno che ci rivela l’incompiutezza dell’esperienza che si sta
vivendo. Se canto per essere invidiato, questa preoccupazione riduce la
purezza e la pienezza del mio essere in contatto con la mia musica interiore e
con le sfumature, le tonalità, la pienezza del canto e del cantare. Esiste
anche il sentirsi invidiati che ha come effetto uno svegliarsi dalla
confluenza. Ho un oggetto o un legame che do per scontato e che non vedo nella
sua peculiare preziosità: appena qualcuno me lo invidia, ecco che mi accorgo
che non ne avevo visto e non ne stavo vedendo il reale valore. L’essere
invidiati in parte può costituire anche una sana conferma del nostro valore. Se
non maturiamo una sana autostima, ossia un intimo senso di integrità, allora il
bisogno di colpire gli altri per essere invidiati diventerà una coazione.
Sentirsi invidiati può anche suscitare sentimenti di disagio o di dispiacere.
L’essere invidiati può procurare fastidio o addirittura paura quando ci si
sente scrutati in ogni movimento da uno sguardo malevolo che ti vuole male o
vuole per te il male. Il luogo in cui l’essere invidiato diventa complicato e
negativo è la relazione terapeutica. Se il paziente invidia il terapeuta, la
relazione diventa a tratti insostenibile e rischia di bloccarsi, in quanto
anche la comprensione del terapeuta viene vista come qualità da invidiare
ulteriormente. Spesso, in questi casi, sarà necessario ricorrere a un’altra
terapia per assimilare e comprendere la precedente bloccata dalla RTN (risposta
transferale negativa).
Giovanni
Salonia (ed.), “I come invidia”, Cittadella Editrice - Psicoguide, 1° Edizione
Marzo 2015, pag. 54
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