Nel
frattempo [S.] racconta una serie di episodi
della sua vita universitaria in cui gli altri, di cui mi parla, non hanno
‘colore’. Il legame con loro è dato da una serie di azioni («sono andata, siamo
tornati, poi ci siamo spostati») non collegate né da una trama affettiva né da
intenzioni precise. A un certo punto sbotta: «Il punto è che alla fine non sono
andata al mare con loro… non mi andava, non lo so… e mentre mi dicevano – sei
sicura? – vedevo che andavano di fretta, non gliene fregava mica se andavo.
Allora ho tenuto il punto. Poi quando stavo a casa, da sola… mi è salito… un
malumore… una cosa sorda… mi sono rigirata nella stanza per un secolo… ho
pianto… non lo so… loro erano ad anni luce… io ero paralizzata... un pomeriggio
terribile». Se non sento con chiarezza cosa provo e cosa voglio nella relazione
posso essere ‘attaccato’ all’altro, ma non posso stare con l’altro. Se lascio
che la definizione di me mi differenzi dall’esperienza e dai bisogni
dell’altro, si apre il baratro, un senso di allarmante disconnessione.
Andreana Amato, “«…Come se fossi nata ‘dispara’…» Il
modello di Traduzione Gestaltica del Linguaggio
Borderline (GTBL). Attestazioni cliniche”,
in G. Salonia (ed.), La luna è fatta
di formaggio. Terapeuti gestaltisti traducono il linguaggio borderline, Ed.
Il pozzo di Giacobbe, pag. 90-91
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