Inoltre,
vi sono situazioni in cui ciò che si offre ai bambini deprivati non viene
gustato e rischia di essere disperso. Caterina, la bambina della quale abbiamo
già parlato prima, nel momento in cui venne adottata vide aumentare la propria
ansia. Era così grande il bisogno di contatto con una fonte amorevole come anche
la paura di perdere ciò che le si proponeva, che nulla sembrava bastarle e si
attaccava a qualunque donna le si avvicinasse con simpatia (la nonna, l’amica della
mamma, la maestra). Sembrava proprio che non riuscisse a fermarsi e a centrarsi
in una relazione, con una fame insaziabile di attenzione. I suoi genitori
adottivi impiegarono molto tempo e le offrirono molte cure affinché la bambina potesse
mettere radici nel rapporto con loro e potesse concedersi di allentare la
propria ansia. Se un bambino di due anni viene bruscamente separato dalla madre
e tale separazione si protrae nel tempo, ripetendosi bruscamente e frequentemente,
la paura di essere abbandonati si instilla nel bambino, portandolo infine
all’indifferenza come
strumento di protezione. Il bambino abbandonato infatti adotta uno schema di
risposta che va dalla protesta – piange, allunga le braccia, chiama la mamma –
alla disperazione – urla, si dimena, non vuole essere toccato –, fino al
distacco emotivo: si rassegna all’abbandono e al contempo si chiude a riccio
per autoproteggersi.
Dada
Iacono, Gheri Maltese, Come l’acqua… Per
un’esperienza gestaltica con i bambini tra rabbia e paura. Il Pozzo di
Giacobbe, Trapani 2012, pagg. 44-45
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