“L’uomo incompiuto”…


Viaggiando all’interno dell’uomo di oggi si riscopre, con grande stupore, che i cambiamenti vissuti dalla persona non sono poi meno sconvolgenti, né meno interessanti, di quelli che nel contempo avvengono all’esterno di essa. Ci si accorge, a questo proposito, che i cambiamenti più cruenti e dolorosi vengono messi in moto non solo da fattori sociali, ma principalmente, e forse soprattutto, dal fluire della vita, cioè dalle stesse ed inevitabili trasformazioni legate alle varie stagioni della vita. Alla luce di ciò, la formazione permanente (educazione degli adulti) si ripropone, ancora oggi, in tutta la sua attualità come strategia educativa in grado di fronteggiare i rapidi mutamenti sociali e di contenere i contraccolpi psicologici da essi prodotti in ciascuna persona. Già agli inizi degli anni ’70 il “Rapporto Faure”, redatto per conto dell’UNESCO, pone in rilievo il concetto di “uomo incompiuto” per indicare l’inderogabile necessità, propria di ciascun essere umano, di apprendere continuamente l’arte di sopravvivere e di modificarsi. Sicchè l’uomo si rivela costantemente educabile proprio in quanto “non finisce mai di entrare nella vita, non finisce mai di nascere alla condizione umana”. La formazione, l’esperienza educativa, allora, non appartiene ad una sola e ristretta stagione della vita, o a delimitate fasce della popolazione, ma coinvolge la totalità degli individui e si estende in durata all’intera esistenza dell’uomo. In conseguenza di ciò, a giudizio di Faure, il problema decisivo del nostro tempo è l’educazione permanente, la possibilità riservata ad ogni individuo di “apprendere ad essere” e di apprendere lungo tutto il corso della sua vita.

Giovanni Salonia-Pietro Cavaleri, Cammino dell’uomo e stagioni della vita, in In charitate pax. Studi in onore del Cardinale Salvatore De Giorgi, a cura di Francesco Armetta e Massimo Naro, Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia “San Giovanni Evangelista”, Palermo 1999, pagg. 537-538



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