Secondo
la visione della Gestalt Therapy (GT), vivere pienamente il proprio essere
genitore significa coniugare e integrare quello che ‘io sento’ – affetto,
vicinanza, insicurezza/sicurezza, inadeguatezza/adeguatezza (funzione-Es del
Sé, che focalizza le sensazioni corporee che provengono dal ‘dentro la pelle’)
– con l’interrogativo «Chi sono io che sento questo?» – padre/madre,
uomo/donna, marito/moglie (funzione-Personalità del Sé, ovvero l’assunzione di
ciò che l’individuo è, la struttura responsabile del Sé). È utile coniugare
spontaneità e sapere, lasciarsi guidare dall’esperienza nella sua interezza, sentire
e – nello stesso tempo – comprendere di essere padre o madre di questo/a
figlio/a. Essere genitore, infatti, è qualcosa di unico che appartiene
innanzitutto al proprio corpo e solo successivamente diventa pensiero (giusto),
parola (azzeccata), comportamento (adeguato). La crescita ha bisogno di due
prospettive e di uno stile educativo che non sia né scisso né inconciliabile.
Se c’è rispetto e gratitudine per il pensiero dell’altro genitore, qualunque
soluzione risulterà altamente educativa. Perché ciò sia possibile si deve poter
avere fiducia nella funzione genitoriale propria ed altrui e pensare che, ascoltando
i figli e vedendo i loro bisogni, è possibile comunque garantire loro una
crescita adeguata e funzionale.
Valeria Conte,
Il cuore della cogenitorialità nella Gestalt Therapy. Intervista a Valeria
Conte e Giovanni Salonia, a cura di
Aluette Merenda, in GTK 6, Rivista di Psicoterapia, Maggio
2016, pagg. 47-48
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