E così,
attraverso la parola, si narra e si è narrati: raccontare è vivere. Sin da
quando nasce, il bambino diventa ciò che è perché è agganciato a una parola che
lo racconta, che si prende cura di lui, per cui il suo corpo abbracciato con
amore e questa parola raccontata si intrecciano, ed egli sente di essere
riconosciuto e di avere un bel posto nel mondo. Le fiabe sono ‘cibo buono’ che
lavora nel tempo e a cui il bambino attinge per incontrare la propria ansia, la
propria rabbia, il proprio dolore, senza impaurirsi, sentendo il calore
dell’adulto ch e lo prende per mano e lo accompagna, aiutandolo a rinforzare o
a modificare – là dove occorra – la sua percezione del mondo e lasciando che
egli sia se stesso. In ogni fiaba vengono affrontati – una volta uno, una volta
un altro – i temi forti della crescita: la paura dell’ignoto, la paura di
essere abbandonati nel bosco, la gelosia, l’invidia, la rabbia. Ascoltando ciò
che accade ai personaggi delle fiabe, uomini o animali, il bambino può darsi il
permesso di sperimentare quel che accade a lui, può entrare in contatto con le
sue emozioni in un contesto caldo e protetto, senza esserne sopraffatto.
Dada
Iacono – Ghery Maltese, “L’invidia, i bambini, le fiabe”, in Giovanni Salonia
(ed.), “I come invidia”, Cittadella Editrice - Psicoguide, 1° Edizione Marzo
2015, pag. 90
Etichette: #DadaIacono, #GheriMaltese, #Icomeinvidia