Potremmo
dire che l’innamoramento reciproco è funzionale al mantenimento della coppia,
altrimenti non potrebbe costituirsi la diade-coppia. Ci troviamo, appunto, in
una fase di iniziale confluenza tra i membri della coppia, e questo fa sì che
ci sia una forte coesione e una perdita di confini tra le due parti. Se da un
lato in questo periodo vi è una ‘cementificazione’ del legame, dall’altro si
crea una sorta di ‘cecità percettiva’ verso la totalità dell’altra persona,
cecità provocata dalle abitudini e dalla ripetitività di trovare nell’altro i
propri bisogni soddisfatti. In questa fase, l’emergere della vergogna è per lo
più inversamente proporzionale all’intensità di confluenza dei due. In altre
parole, possiamo dire che la vergogna è assente quando è proprio la confluenza
ad essere fortemente presente nella coppia. In questa fase la vergogna è uno di
quei sentimenti che rimane collocato nello sfondo del campo co-creato dalla coppia,
proprio perché rimane in figura il bisogno reciproco, o meglio l’intenzionalità
di spingersi verso l’altro. Tale assenza, durante l’innamoramento, è proprio
dettata dal fatto che ora i confini dei partner non sono ancora ben
differenziati e questo ci induce a non provare vergogna. Quindi, tra le diverse
modalità di essere-con-l’altro durante l’innamoramento, la mancanza di
vergogna è un indice che misura il livello di confluenza vissuto dai partner in
questo periodo. Non c’è vergogna perché non emerge ancora la spinta, il bisogno
di distanziarsi dal partner e lo stato di confluenza rende ciò possibile.
Daniele
Marini, La vergogna nella coppia: un appello all’intimità, in GTK 4,
Rivista di Psicoterapia, Dicembre 2013, pagg. 126-127
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