Tutto ciò a me sembra un errore di
prospettiva: la nostra crisi infatti non riguarda la forma ma la sostanza della
politica. Potremmo, per capire, attualizzare alcuni passi platonici e
aristotelici. Platone, nel Protagora,
fa sostenere al grande sofista che alla base della politica c’è l’aidòs; Aristotele, d’altra parte, nella Politica, parla di una koinonìa linguistica sul conveniente e
sullo sconveniente: ciò che crea lo sfondo è un deposito, un patrimonio
implicito di regole, di usanze, di costumi, un sentire condiviso che nemmeno
c’è bisogno di esplicitare perché fa ormai parte del linguaggio e della
coscienza comuni. Accanto a questo si dà un ordinamento della polis, ciò che Protagora chiama la dìke, la giustizia, intesa come norma
naturale, razionale ma di origine divina, su cui si radica il diritto che regge
la città. La dìke è come l’essenza normativa delle strutture formali della
legge. Oggi il problema è l’assenza di un aidòs,
di una koinonìa. In questo senso
credo che la politica non sia più pensabile come spazio di neutralizzazione del
conflitto, ma come istituzione narrativa del conflitto stesso: la politica
dovrebbe creare cioè spazi di incontro tra le diversità, chiamate non a
dimenticare di essere diverse, ma a raccontarsi e a configgere in questa
diversità stessa. Proprio così si tenta di ricostruire un aidòs.
Antonio
Sichera, Povertà e bellezza. Dialogo di
Maurilio Assenza, Giovanni Salonia Antonio Sichera, in M. Assenza – L.
Licitra – G. Salonia – A. Sichera, Lo
sguardo dal basso. I poveri come principio del pensare, EdiARGO, Ragusa II
edizione 2006, pagg. 38-39
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