Nella
medesima cornice ermeneutica devono collocarsi poi sia il martellamento del past
tense nella narrazione di Barrie, che sembra rimandare, in una percezione
gestaltica del testo, a un senso del remoto, del finito, del già trascorso e
dell’irrecuperabile; come anche il lancinante affondo della chiusa, in cui il narratore,
con beffarda, rassegnata aggressività, ricorda al lettore che sia Nana quanto
Mrs. Darling, nel momento in cui si svolgono i fatti conclusivi del romanzo,
sono da lungo tempo morte e dimenticate. Quasi a dire che il risvolto
ultimativo di una spasmodica lotta per il “now” altro non può essere che un deperimento
esiziale della memoria relazionale e una resa incondizionata e tristissima al
flusso inteso quale cancellazione e distruzione di tutto. In questo senso, la
sveglia che col suo battito separa Uncino dalle fauci del coccodrillo potrebbe
tra l’altro interpretarsi, figuralmente, quale sotterraneo memento a
tutti i lettori che il nostro nemico può essere anche la nostra salvezza.
Questo, certo, Uncino non può capirlo.
Antonio Sichera, Le
venti parole di Peter Pan, in Giovanni
Salonia (ed.), La vera storia di Peter
Pan. Un bacio salva la vita. Cittadella Editrice - 1° Edizione Dicembre
2015, pp. 51-52
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