Le
Supplici incoraggiano tutte le donne, tutte le ragazze a rimanere in contatto
con il proprio corpo, a decidere del proprio desiderio, a non essere mai
schiave o soggette al desiderio dell’altro, inteso come colui che vive l’eros
come possesso e come conquista. Le Supplici dicono a tutte le ragazze che esse
hanno diritto, sotto qualunque bandiera, cultura o religione, a vivere il
proprio corpo nella pienezza della scelta, a sentirsi donne e non oggetti di
piacere, ad alzare la voce e la testa dinanzi a chiunque le voglia mettere
sotto scacco. Le Supplici dicono anche,
alle ragazze e ai ragazzi, alle donne e agli uomini, che la forma dell’incontro
dei corpi, la forma in cui ci si ama, non è indifferente. Che si ha diritto ad
aspirare ad un incontro dolce, ad un contatto che sia come una carezza. Che in
amore la delicatezza, la comprensione, l’essere associati al ritmo dell’altro,
la tenerezza e l’affetto sono componenti fondamentali dell’umano. Da cercare,
da desiderare, da non ritenere mai superflue. Perché Io si scioglie in lacrime,
ridiventa donna – da mostro che era, mutata orribilmente in giovenca – quando
Zeus la sfiora e la ama con il suo tocco. Quando il suo amante la accarezza. Ma
Le Supplici ricordano soprattutto, a tutti i padri, che senza il loro appoggio,
la loro protezione, il loro essere adulti accoglienti, il naturale miracolo di
un eros femminile fresco e gioioso, consapevole e sereno, rischia di non
compiersi. Per essere donne davvero ci vuole un padre che copra le spalle, che
non abbia paura del corpo delle figlie, che si faccia loro compagno e
protettore nell’avventuroso, esaltante, lanciarsi nel mare del mondo, che può
essere crescita e salvezza, ma anche esilio e disperazione.
Antonio
Sichera, Fare della sostanza brutale
dell’eros un’esperienza umana, DIALOGHI
INTERNAZIONALI SULLE TRAGEDIE GRECHE: X CONVEGNO, Siracusa 2015
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