… Non a caso Il Fu
Mattia Pascal non si annuncia come un libro in preparazione, bensì assume i
tratti di una kierkegaardiana comunicazione d’esistenza, messa nella forma del
manoscritto e accessibile solo cinquant’anni dopo la morte dell’autore.
L’inchiostro che bagna la carta e la segna, secondo le forme irripetibili
disegnate da una mano che non può non essere “questa” (e mai un’altra), è lo
specchio più nitido e diretto della fatica corporea della scrittura, il
riflesso cartaceo più potente dell’esperienza che si imprime sulla superficie
del foglio e in essa si costituisce. Si deposita così nel romanzo anche il
primo segnale inequivocabilmente pascaliano. Il manoscritto che conserva la
memoria del kairòs, del tempo
decisivo dell’esistenza, la sua custodia gelosa, il ritrovamento casuale post mortem auctoris sono sintomi sicuri
di uno dei tanti rifacimenti pirandelliani del grande archetipo del Memorial.
Antonio Sichera,
Ecce
Homo! Nomi, cifre e figure di Pirandello,
Leo S. Olschki Editore, 2005, POLINNIA
XII, p. 152
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